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Comunicato Stampa del 21/04/2022
La scuola, la società e il cambiamento |
Della scuola si discute ogni giorno, anche troppo direi.
I problemi della scuola interessano personalmente un grande numero di persone, gli studenti e le loro famiglie, i docenti e il personale ATA.
Interessano anche i pedagogisti e gli intellettuali, che ne discutono sui giornali e nei libri, e i politici, che ne fanno oggetto di interventi, (tal volta fuori luogo) e riforme (disastrose). Eppure, nonostante tutto questo discutere e intervenire, la politica e la società, oggi si dimostrano impotenti a risolvere i “problemi della scuola”, tanto che la scuola sembra in una sorta di crisi perenne da cui non riesce a uscire, una crisi che si manifesta prima di tutto come un malessere in tutti coloro che hanno a che fare con la scuola.
Una delle ragioni fondamentali che spiega questa impotenza è che i problemi della scuola di cui si discute e che si cerca in qualche modo di risolvere sono problemi che non toccano la sostanza delle cose, le ragioni profonde del disagio della scuola, mentre dei problemi veri, quelli che stanno alla radice della crisi storica dell’istituzione scuola nelle società moderne economicamente avanzate, c’è scarsa consapevolezza, specialmente di quanto siano profondi e radicali.
I problemi veri della scuola non sono la riorganizzazione dei cicli scolastici, il modo in cui vengono fatti gli esami, la formazione degli insegnanti e dei lavoratori ATA e i loro stipendi, l’autonomia didattica delle scuole, l’introduzione di un sistema di valutazione dei ragazzi oggettivo e valido su tutto il piano nazionale, l’incentivazione della produttività delle scuole, l’incentivazione allo studio per gli studenti “capaci e meritevoli”.
Anche quando venissero risolti tutti questi problemi (cosa altamente improbabile), ancora non si sarebbe fatto nulla per portare la scuola fuori della crisi strutturale che sta attraversando. E lo stesso vale per problemi più “politici” come i cospicui finanziamenti alle scuole private o il fatto che il successo scolastico è ancora legato al livello socio-culturale della famiglia.
Quali sono allora i veri problemi della scuola? Sono esattamente i problemi della società, le discussioni e gli interventi sulla scuola non riescono a uscire dal cerchio dei problemi superficiali che abbiamo elencato perché il sistema scuola guarda al suo interno mentre dovrebbe guardare fuori di se’, nella società.
Per primo bisogna dire che i problemi veri della scuola sono molto più difficili da risolvere prima di tutto perché sono problemi fondamentali, cioè problemi che richiedono cambiamenti radicali nei fondamenti stessi di una istituzione molto antica e pochissimo propensa al cambiamento come la scuola, mentre i problemi superficiali lasciano i fondamenti della scuola intoccati.
Secondo, perché i cambiamenti necessari per risolvere i problemi veri della scuola non investono solo la scuola, ma anche la società e la cultura fuori della scuola. E società e cultura oggi cambiano molto e velocemente ma il cambiamento sembra sfuggire agli sforzi di pilotarlo e governarlo.
Terzo, perché i problemi veri della scuola non sono neppure riconosciuti e visti con chiarezza e, ovviamente, se non si vede un problema, non si può lavorare a risolverlo. Anzi la misura della gravità della crisi della scuola è proprio il fatto che la scuola non vede e non riconosce quali sono i suoi veri problemi. Perciò il primo passo per risolvere i veri problemi della scuola è riconoscerli, analizzarli e capirne bene la natura.
Il problema numero uno della scuola è il cambiamento. Per capire le difficoltà che il cambiamento pone alla scuola e il difficile rapporto che la scuola ha con il cambiamento, bisogna prima di tutto domandarsi quali sono i compiti che la società assegna alla scuola.
La società assegna alla scuola due compiti.
Il primo compito è trasmettere il sapere e la cultura del passato alle nuove generazioni.
Nell’organizzazione della società la scuola ha soprattutto il compito della “discendenza” culturale, cioè della trasmissione e conservazione del passato. Il compito della “modificazione”, cioè del cambiamento e della introduzione di novità nella società e nella cultura, è affidato alla ricerca scientifica, artistica, organizzativa, e alla creatività in ogni campo delle attività umane, inclusa ovviamente anche l’attività di insegnare e di imparare. Il fatto che alla scuola spetti il compito della “discendenza”, cioè della conservazione e trasmissione del passato, va tenuto ben presente se vogliamo capire quale può essere il rapporto della scuola con il cambiamento.
Ma la scuola ha anche un secondo compito, oltre a quello di trasmettere il sapere e la cultura. Il secondo compito della scuola è preparare i giovani alla società in cui vivranno, in modo che essi siano prima di tutto in grado di capire quella società e poi di contribuire al suo cambiamento.
Le società umane non sono tutte uguali, sono diverse a seconda dei tempi e dei luoghi, e soprattutto cambiano nel tempo. Perciò le diverse società richiedono conoscenze, comportamenti e valori diversi nelle persone che debbono vivere in esse. Quello che ci si aspetta dalla scuola è che dia ai giovani le conoscenze, le abilità e anche i valori appropriati alla società in cui vivranno da adulti.
Se questi sono i due compiti fondamentali che la società assegna alla scuola, trasmettere il sapere e attrezzare i giovani alla società in cui vivranno da adulti, la domanda è: Che rapporto c’è tra i due compiti?
Se il cambiamento nella società e nella cultura è lento, la scuola può svolgere entrambi i compiti in modo armonico e senza troppi problemi. Questo è quello che è successo fino ad oggi. E’ vero che la società cambia sempre, e quindi cambiano la cultura, i comportamenti, le conoscenze, i valori trasmessi per apprendimento dagli altri, ma se il cambiamento non è veloce la scuola può trasmettere la cultura della generazione precedente con i limitati aggiustamenti intervenuti nel frattempo, e nello stesso tempo preparare i ragazzi alla società in cui vivranno da adulti. La società in cui gli studenti vivranno da adulti sarà un po’ diversa da quella attuale o da quella di qualche anno o decennio addietro, ma non di molto. Perciò la scuola può trasmettere la cultura del passato sapendo che nel frattempo adempie anche al suo secondo compito, preparare i giovani a vivere nella società in cui sono destinati a vivere.
Le cose si complicano se il cambiamento sociale e culturale è rapido. Se diventa veramente veloce, i due compiti della scuola entrano in contrasto tra loro. La scuola trasmette la cultura del passato ma, facendo questo, finisce per non preparare i giovani a vivere nella società in cui vivranno da adulti. La società in cui i giovani vivranno da adulti sarà diversa dalla società di adesso e, ancora di più, da quella del passato, anche recente, e richiederà comportamenti, conoscenze e valori diversi da quelli della cultura del passato.
Il modo migliore per rendersi conto di questa continua accelerazione del cambiamento è considerare il cambiamento nella tecnologia. La tecnologia fa parte della cultura. La mente umana si esprime in comportamenti, pensieri, parole, ma anche in prodotti esterni che sono gli artefatti tecnologici.
Apprendere dagli altri significa in buona misura apprendere osservando e usando ciò che è stato prodotto dagli altri, cioè gli artefatti tecnologici.
La tecnologia cambia come cambia tutta la cultura.
Oggi il cambiamento non si misura più in millenni o in secoli, ma in anni o addirittura in mesi, si pensi al cambiamento nelle tecnologie del computer dove ci sono novità ogni sei mesi.
La spinta viene dalla ricerca scientifica e dall’innovazione tecnologica ma soprattutto dal mercato che prospera proprio sul cambiamento, cioè sulla creazione di sempre nuovi bisogni e di nuovi modi di soddisfarli.
Quello che abbiamo detto del cambiamento tecnologico si può dire anche per il cambiamento nelle istituzioni sociali e politiche, nei beni prodotti e scambiati, nei comportamenti, nelle idee, nei valori. Ovunque cambiamento, e cambiamento che accelera con il tempo. Oggi il cambiamento è in ogni campo, è molto veloce, e la sua velocità cresce.
Se le cose stanno così, la scuola non può che trovarsi in seria difficoltà.
Quando il cambiamento diventa molto veloce, le due funzioni della scuola entrano in contraddizione l’una con l’altra. Se la scuola si preoccupa di trasmettere la cultura (che per definizione è il passato), questo significa che non riesce a preparare i giovani alla società in cui vivranno da adulti, ma in realtà ormai neppure alla società in cui vivono adesso da giovani.
Se invece la scuola cerca di preparare i giovani alla società così come è oggi e come sarà tra 10-20 anni (il tempo per uno studente di diventare adulto), essa vede sgretolarsi davanti ai suoi occhi molta della cultura che trasmette da sempre in quanto questa cultura non è più in sintonia con la società presente e futura.
In questo conflitto tra i suoi due compiti è la ragione profonda, la grande causa, del malessere della scuola, il malessere sentito da tutti coloro che hanno a che fare con la scuola, gli studenti, gli insegnanti, i genitori, ,il personale ATA, gli amministratori e i governanti.
E’ un malessere che va al di là della scuola. Oggi la realtà sembra a molti meno comprensibile che in passato, una delle cause principali è il cambiamento troppo veloce. Il cambiamento troppo veloce rende la realtà poco comprensibile perché comprendere la realtà significa interpretarla in base agli schemi che abbiamo appreso.
Ma gli schemi appresi da giovani, o magari soltanto qualche anno prima, diventano inappropriati per il fatto che la realtà che dovevano servire a interpretare nel frattempo è cambiata.
E la scuola? La scuola è il luogo dove la realtà, quella esterna e sociale, dovrebbe cominciare a diventare comprensibile a chi si appresta a diventare adulto. E’ la scuola che fornisce i primi e grandi schemi interpretativi della realtà ma oggi la scuola sa lei per prima, che non è più in grado di fornire gli schemi interpretativi della realtà, perché ogni schema che essa fornisca ai ragazzi diventerà obsoleto e inutile quando i ragazzi saranno diventati adulti. Peggio ancora, la scuola sa che gli schemi interpretativi della realtà che essa è in grado di fornire ai ragazzi non sono appropriati neppure per la realtà presente. E’ la scuola che per prima sente la realtà come incomprensibile.
La scuola ha un vero e proprio problema con il cambiamento. In una società in cui tutto cambia velocemente, la scuola non cambia. La scuola non cambia in una società che cambia. Se la scuola deve preparare per la società, questo non può non essere un problema serio.
E’ per questo che i problemi che oggi vengono considerati come i “problemi della scuola”, quelli che vengono discussi da tutti sono problemi superficiali. Sono problemi che, se anche venissero risolti, la scuola cambierebbe solo in superficie, mentre per fare uscire la scuola dalla sua crisi strutturale dovuta all’accelerazione del cambiamento, la scuola dovrebbe prima di tutto identificare e analizzare con chiarezza i suoi “veri” problemi e poi cambiare molto profondamente per risolverli.
Per una istituzione sociale che, per assolvere ai suoi compiti, deve guardare al futuro, questo è chiaramente il problema.
Monza, 21/04/2022
Il Segretario Nazionale Organizzativo Feder.ATA
Fania Gerardo