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Il Dirigente non può negare il diritto di informazione alla RSU

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Comunicato Stampa del 09/10/ 2021

FEDER.ATA: “ Il Dirigente non può negare il diritto di informazione alla RSU sulla distribuzione dei fondi erogati dalla scuola”

Come OO.SS. torniamo sul dibattuto tema del diritto di accesso delle rappresentanze sindacali alle informazioni che riguardano la distribuzione al personale docente e Ata del fondo integrativo di istituto e degli altri compensi accessori.

Le RSU e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL hanno diritto di conoscere nel dettaglio i nominativi dei dipendenti che hanno ricevuto compensi attinti dal FIS o altri compensi individuali accessori e la quota erogata a ciascuno di essi?

I Dirigenti Scolastici possono, in nome del diritto alla privacy, rifiutarsi di comunicare tali informazioni?

Ci preme ricordare, che la risposta a tali quesiti è stata fornita da una sentenza del Consiglio di Stato, la n. 4417 del 20 luglio 2018, che, ad oggi rappresenta la più autorevole e recente pronuncia sull’argomento, costituendo il punto fermo da cui sviluppare ogni ulteriore riflessione.

In questa decisione, il più alto organo della giustizia amministrativa ha stabilito che le organizzazioni sindacali hanno pieno diritto di conoscere “tutti i documenti (e le informazioni in esso contenute) delle procedure di formazione, accesso, ripartizione e distribuzione delle somme contenute nel fondo)”, senza che tali dati siano ridotti alla forma aggregata.

La decisione del Consiglio di Stato è fondata sulla considerazione che l’organizzazione sindacale riveste il ruolo sia di ente esponenziale dei lavoratori iscritti sia di soggetto direttamente coinvolto nel procedimento di formazione e distribuzione delle risorse del Fondo di istituto e, come tale, è chiamato anche allo svolgimento di una concreta ed effettiva verifica dell’attuazione della contrattazione collettiva integrativa d’istituto sull’utilizzo delle risorse (la sentenza lo definisce accesso partecipativo e non solo conoscitivo), che non potrebbe svolgere senza conoscere nel dettaglio i dati sulla effettiva destinazione degli importi costituenti i trattamenti economici accessori, pertanto, il Dirigente non può negare l’accesso.

Purtuttavia, siamo a conoscenza che alcuni Uffici scolastici regionali hanno indirizzato all’attenzione dei Dirigenti comunicazioni nelle quali hanno sostenuto che, per quanto attiene al controllo della remunerazione dei progetti finanziati con il fondo d’istituto, le prerogative sindacali previste dal CCNL possono essere soddisfatte anche senza far ricorso a dati personali, tramite la conoscenza di mere informazioni aggregate, invitando, pertanto, i Dirigenti a fornire alle organizzazioni sindacali soltanto dati numerici o aggregati (ad esempio il solo ammontare complessivo del trattamento accessorio effettivamente distribuito, eventualmente ripartito per fasce o qualifiche), senza comunicare i nominativi e le somme erogate individualmente.

Ebbene, una tale iniziativa è avvenuta all’indomani della pubblicazione di un’infelice nota del Garante per la protezione dei dati personali, la n. 49472 del 28 dicembre 2020, con la quale il Garante, nel tentativo di fare chiarezza sul tema in oggetto, ha, a nostro avviso, contribuito a rendere ancora più confusa la questione, muovendo probabilmente da un’equivoca interpretazione delle prerogative sindacali nell’ambito della contrattazione di istituto e pervenendo, conseguentemente, a conclusioni del tutto erronee con riguardo ai limiti del diritto di accesso delle parti sindacali ai dati sulla distribuzione delle somme del fondo d’istituto (ritenendo, appunto, che l’accesso ai meri dati aggregati sia del tutto sufficiente per l’adempimento agli obblighi di informazione preventiva e successiva previsti dal CCNL e che, pertanto, un’ostensione maggiore sarebbe in contrasto con il principio di minimizzazione introdotto dal GDPR).

Per quanto la nota del Garante desti preoccupazione, soprattutto per la evidente superficialità nell’esaminare una materia complessa ed articolata come la contrattazione di istituto nel comparto scolastico, ci corre l’obbligo di evidenziare che una tale comunicazione non rappresenta un atto vincolante né, tanto meno, è dotato di efficacia di legge o regolamento.

Allo stato attuale, pertanto, continuano a valere le fonti normative in materia di diritto di accesso agli atti della pubblica amministrazione (L. 241/1990), come interpretate ed applicate dalla giurisprudenza.

Sul punto, precisiamo che le corti di merito hanno ancora recentemente ribadito quanto a suo tempo rilevato dal Consiglio di stato: infatti, il TAR del Friuli Venezia Giulia ha riconosciuto “la piena legittimazione dell’associazione sindacale ricorrente ad esercitare l’accesso sulla documentazione relativa ai trattamenti economici accessori”, rilevando la sussistenza, ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. c) L. 241/ 1990, di un “interesse diretto, concreto e attuale” alla “verifica della congruità tra quanto contrattato e corrisposto”, nonché di una “situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso”, costituita dal “diritto all’informazione dell’associazione sindacale sulle materie nelle quali si esplica la contrattazione collettiva”, precisando vieppiù che “un’ostensione parziale e incompleta dei dati non può trovare giustificazione nel diritto alla riservatezza dei soggetti coinvolti”.

In virtù delle nostre considerazioni, ribadiamo che i Dirigenti scolastici non possono negare alla RSU e alle organizzazioni sindacali legittimate che partecipano alla contrattazione integrativa l’acquisizione dei dati completi sulla distribuzione dei compensi accessori a docenti e personale ATA, fermo restando che tali dati, una volta comunicati, non possono essere pubblicati o diffusi dalla parte sindacale a soggetti terzi.

Ricordiamo che, in caso di diniego da parte del Dirigente, è possibile chiedere entro 30 giorni il riesame dell’istanza alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (ai sensi dell’art. 25 L. 241/1990) e, in caso di ulteriore diniego, proporre entro 30 giorni ricorso al TAR.

Monza,09/10/2021

Ufficio Stampa per conto della Segretaria nazionale Feder.ATA