LA VALENZA EDUCATIVA DEL PERSONALE A.T.A.
di Fania Gerardo
Vorrei aprire una riflessione che possa essere di sostegno ad un rinnovo di motivazione personale e professionale, in particolare, focalizzando un aspetto molto serio, ma tenuto in scarsa considerazione, specialmente a livello centrale: la valenza educativa del personale A.T.A.
Non è un mistero che, nei diversi progetti di riforma della scuola , compreso l’ultimo de “la Buona Scuola” , i lavoratori A.T.A. siano stati bellamente e colpevolmente ignorati, essendo considerati uno strumento “meccanico” e non come risorsa essenziale per il funzionamento.
A riprova, basti pensare alla diminuzione numerica del personale e alla preferenza accordata alla cosiddetta esternalizzazione dei servizi, evidentemente a riprova che già a livello dei poteri decisori non esista una vera e propria cultura della scuola né una vera visione dello scenario che la determina sia all’interno che all’esterno.
Parlare di valenza educativa del personale ATA è un semplice riconoscimento di una funzione che è comunque compresa nel ruolo che svolge già solo per il fatto che si trova ad operare all’interno di una istituzione educativa.
Questo è il presupposto di fondo, non si può pensare, infatti, che, nel medesimo luogo di lavoro, la funzione educativa sia riservata solo al personale docente e non a tutto il personale che in esso vi opera, specialmente tenendo conto della “esposizione” fisica che l’operare comporta.
Ed è proprio la “visibilità” dell’operatore che indirizza la sua funzione educativa, il suo essere presente e disponibile a svolgere una mansione in favore di qualcuno altro, specialmente quando questi sono gli allievi, ancora più importante quando si tratta di bambini o ragazzi.
Se l’assistente amministrativo è relegato negli uffici e i suoi rapporti con gli allievi sono poco frequenti, tutt’altra storia è per i collaboratori scolastici e assistenti tecnici di laboratorio.
Il Collaboratore scolastico ha compiti di sorveglianza, vigilanza, accoglienza, manutenzione igienica dei locali; tutti ambiti che, da un altro punto di osservazione, descrivono l’importanza educativa della figura.
Se la comprendiamo nel suo percorso istituzionale, dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di secondo grado, dobbiamo convenire che il suo rilievo ha pregnanza affettivo-relazionale fortissima nel periodo di impatto del bambino con la scuola e che si allenta e si ridimensiona progressivamente nel corso degli anni, pur continuando a rappresentare sempre un anello di giunzione un po’ speciale tra alunni e scuola.
Considerata l’età dei bambini nelle scuole dell’infanzia e primaria, il collaboratore ha una valenza educativa implicita, che l’alunno gli riconosce almeno fino a quando egli si dimostri in grado di esercitarla. Parliamo di valenza implicita, in quanto portata dal ruolo, non perché formalizzata nel mansionario. Il bambino riconosce nel collaboratore l’aspetto bonario dell’autorità che si avvicina e si lascia avvicinare senza pretese didattiche, non lo misura e non lo valuta, semplicemente lo accoglie e lo indirizza. In quanto adulto addetto alla sorveglianza, il collaboratore scolastico è un riferimento sul quale il bambino converge attenzioni relazionali che veicolano comunque comunicazioni con contenuto educativo, la sorveglianza implica, comunque, concetti educativi.
Il collaboratore scolastico, proponendo se stesso continua ad evidenziare l’aspetto educativo dell’istituzione; quindi, si deve porre in relazione come operatore consapevole. I suoi atteggiamenti, il suo eloquio, la sua gestualità, la premura e la cura con cui svolge il proprio impegno saranno elementi visibili anche ai bambini, che sapranno apprezzarli e filtrarli all’interno dell’insieme dei messaggi educativi e formativi che la scuola propone.
Il collaboratore scolastico deve essere interessato da una continua azione di formazione e di aggiornamento, come già prevede il suo stesso profilo, in aggiunta e ad integrazione delle specificità relative alle funzioni aggiuntive e miste.
Così come si ritiene indispensabile che gli insegnanti confortino il loro impegno didattico con le conoscenze di psicologia e di pedagogia applicata all’insegnamento, anche per i collaboratori scolastici possiamo ritenere importante che abbiano informazioni di carattere psicologico relativamente alle fasce d’età degli alunni con cui sono in contatto, al fine di attivare in loro comportamenti più appropriati alla bisogna. L’operatore della scuola materna abbia un orientamento sulle caratteristiche dei bambini di scuola materna, così per la primaria, le medie, le superiori; tutti, inoltre, siano messi in contatto con le particolarità degli allievi con handicap e della diversità in genere.
La scuola non esaurisce la propria funzione educativa all’interno dell’aula, tutto è relazione, rispetto, accoglienza e ascolto; e che tutto il personale, indistintamente, deve esserne consapevole ed averne cura, ritenendo che proprio questi aspetti qualificano ulteriormente e più approfonditamente il ruolo che vi si trova a svolgere.
Nella scuola, ciascuno è un modello di riferimento e quel che fa o dice ha un valore aggiunto che può qualificare o squalificare il lavoro che svolge ed incidere positivamente o negativamente sull’immagine del contesto.
Non dissimile è il discorso per gli assistenti tecnici, il loro compito di ausilio didattico nei laboratori a contatto con gli alunni è fondamentale in una istituzione educativa, un importanza partecipativa con gli stessi di valenza presente e futura per la crescita degli studenti.
I Dirigenti scolastici dovrebbero porre particolare attenzione a questa problematica ed evidenziala anche nel PTOF: tutto il personale è compreso e partecipe della funzione educativa che l’istituzione persegue.
Monza, 08/5/2021
Area comunicazione FederATA